La Soms

Le ultracentenarie Società Operaie di Mutuo Soccorso sono state e sono una forma di associazionismo che opera nel campo del sociale. Le prime S.O.M.S. sono nate in Piemonte già nel 1848 e si sono diffuse rapidamente in tutto il territorio nazionale. Esse sono presenti, ancora oggi, anche all’estero, sia in Europa (Francia, Inghilterra, Germania, ecc.) che nel Continente Americano (Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, ecc.).

I lavoratori delle diverse categorie si raggruppavano dando origine alle S.O.M.S., per assicurarsi un futuro migliore, un futuro meno incerto per i problemi di carattere sociale e sanitario, caratteristici della società dell’epoca: c’era povertà, non c’era forma di previdenza sociale ne’ assistenza sanitaria. Le S.O.M.S. offrivano, con le quote versate da ciascun socio e/o da contributi di benestanti, assistenza medica, aiuti in denaro per acquisto medicinali e/o altri casi di bisogno quali mancanza di lavoro, inabilità temporanea o permanente, ecc..

Nello stesso tempo si occupavano anche di cooperare al bene intellettuale e materiale dei soci attraverso corsi di istruzione scolastica e di formazione professionale non tralasciando l’aspetto ricreativo cori manifestazioni sociali.
I punti su cui si fondavano le SOMS erano la mutualità, la solidarietà fra i lavoratori, l’autogestione dei fondi sociali e , infine, della questione della moralità. Era infatti frequente trovare negli Statuti norme che vietavano l’elargizione di sussidi nell’ipotesi in cui le malattie erano causate dall’abuso di vini e liquori, o che vietano ai soci di praticare taluni giochi come il lotto o il gioco d’azzardo.

Fra i principali obiettivi delle società di mutuo soccorso vi erano l’istruzione, il mutualismo in caso di infermità e la previdenza. La Società Operaia di Oneglia creò un gabinetto di lettura ed una scuola di disegno per i figli dei soci; quella di Sanremo creò importanti scuole serali. Ad Asti nel 1853 si costituirono scuole domenicali e serali, s’impose l’obbligo della presenza e si firmò una petizione al Governo per estendere la scuola elementare e premiare quei padri di famiglia che la facessero frequentare ai loro figli. Spesso queste società predisponevano vere e proprie tabelle sulla frequenza con cui talune malattie colpivano i soci; la mutua si basava sul principio della comunione dei rischi possibili (malattia, invalidità, infortunio, disoccupazione) o futuri ( vecchiaia, morte). Gli oneri inerenti agli eventuali bisogni dei singoli venivano ripartiti fra tutti gli associati e il diritto alle prestazioni sorgeva automaticamente quando ne ricorressero e se ne accertassero le condizioni.

Agli affiliati era chiesto il regolare versamento di una quota del salario in rapporto alla prestazione garantita. L’obbligo di un contributo fisso era una condizione non semplice da rispettare, data l’esiguità dei salari, ma che educava alla parsimonia.

Lo schema mutualistico prevedeva un fondo autonomo costituito da contributi obbligatori ed aveva un suo schema: “ripartizione per malattie, capitalizzazione per sussidi di invalidità
Nel 1859 l’intervento statale che portò alla Legge del 30 settembre sulla rendita vitalizia per la vecchiaia, fondata su base strettamente volontaria, e alla legge del 20 novembre 1859 sugli Istituti di beneficenza restringeva ogni ipotesi di intervento delle SOMS nell’ambito caritativo.
Gli statuti delle Società di mutuo soccorso si proposero così anche altri scopi accanto a quelli tradizionali: il sostegno creditizio agli associati, la fornitura di materie prime, la vendita ai soci di prodotti di prima necessità al prezzo di costo, la costituzione di magazzini sociali. In questi obiettivi, che spesso erano legati alla difesa di interessi di categoria, era possibile individuare l’embrione della cooperazione.

Se, infatti, le società nate nel Piemonte moderato e sabaudo erano, nella quasi totalità, emanazioni paternalistiche, sorte con l’appoggio delle autorità o di esponenti borghesi estranei al mondo del lavoro e ad ogni rivendicazione politica, quelle liguri manifestarono subito un chiaro interesse per la politica del Governo e rappresentarono una forza per l’organizzazione democratica e per tutti coloro  che vedevano nell’iniziativa popolare la soluzione del problema nazionale.

Caratteristiche in larga parte comuni alle 115 società operaie presenti nel Piemonte sabaudo alla vigilia dell’unificazione e alle rimanenti 91, concentrate nelle regioni settentrionali della penisola (in Lombardia, Liguria, Emilia e Veneto) erano la localizzazione urbana, la forte coesione professionale e la neutralità politica. Queste caratteristiche mutarono dopo l’unificazione.

Le SOMS non hanno avuto solo una matrice laica. Nel luglio 1854 nasce a Genova la prima Società operaia cattolica italiana, la Compagnia di San Giovanni Battista.
Il mondo clericale più aperto e illuminato si era convinto della necessità di mettersi al passo con i tempi, riunendo i lavoratori cattolici in proprie Società di mutuo soccorso.
Questa prima società cattolica aveva visto predisporre il proprio statuto dai sacerdoti, Luigi Radif e Luigi Sturla con l’approvazione dell’Arcivescovo. E lo statuto di 48 articoli sarà il testo base per le successive associazioni operaie cattoliche.
Il primo articolo affermava “Fine della Compagnia è di soccorrere le famiglie della classe operaia, non solamente per sollevare le infermità corporali, ma per rendere anche morigerati i membri, solleciti nell’adempimento dei loro doveri verso Dio e verso il prossimo”.

Le società di mutuo soccorso continuarono tuttavia ad espandersi sia come numero di associazioni (che toccò il picco di 6722 nel 1894) che di associati (il culmine è nel 1904 con 926.000 soci).

Con l’avvento del fascismo le SOMS vennero, in buona misura, sciolte o incorporate in organizzazioni fasciste.

Verso la fine degli anni cinquanta, quando le SOMS ripresero ad espandersi, la società italiana era profondamente cambiata: i lavoratori avevano ottenuto maggiori tutele, erano state introdotte le pensioni ed era stata estesa la protezione nel campo sanitario (almeno per il lavoro dipendente), mentre scarsa era la “copertura” per professionisti e lavoratori autonomi; nei loro confronti si spostò quindi la maggior parte del lavoro svolto dalle SOMS.

In questi ultimi anni, in particolare, le Società di Mutuo Soccorso hanno poi rivolto la loro attenzione soprattutto verso l’assistenza sanitaria integrativa.

Al 31 dicembre 2006 alla Federazione Italiana della Mutualità Integrativa Volontaria (FIMIV) aderivano 146 Società di Mutuo Soccorso.

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